venerdì 20 marzo 2015

Scuola, una riforma da bocciare

In questi giorni si parla molto di istruzione dopo che il Governo ha emanato il DDL sulla "Buona Scuola".
Credo che l'impianto di questa riforma sia negativo, sia sul piano delle ricadute concrete per chi vive nel mondo della scuola, sia sul piano culturale più complessivo.
Una delle principali novità di questa riforma sarà l'enorme potere che verrà dato ai dirigenti scolastici. In pratica i Presidi diventerebbero dei "manager" con in mano due elementi fondamentali. Da un lato avranno la possibilità di scegliere direttamente il personale docente del proprio istituto, introducendo una "chiamata diretta" fra i membri di un Albo; il tutto appare ai limiti della costituzionalità e anche nella sostanza è facile immaginare dove potrebbe portare una modalità di assunzioni del genere, specie in un paese clientelar-familista come l'Italia. Dall'altro lato i Presidi avranno maggiori poteri sulla didattica, potendo quindi di fatto entrare nel merito degli argomenti insegnati. Quest'ultima prerogativa finora è di competenza del "collegio dei docenti", ovvero di un organo più ampio in cui i vari insegnanti possono far pesare le proprie idee e la propria visione culturale; esso invece con la riforma avrebbe solo un ruolo consultivo. In sostanza si avrebbe il depotenziamento degli organi collegiali (es. rappresentanze studentesche e dei genitori) con la fine della "democrazia scolastica". Si tratterebbe, anche simbolicamente, della fine della partecipazione dal basso all'interno della scuola, ovvero di uno dei motori culturali del paese. 
Altro aspetto molto controverso sarà quello del finanziamento alle scuole private. Già adesso, fra finanziamenti diretti e indiretti, il mondo delle "scuole paritarie" di ogni ordine e grado riceve circa 700 milioni di euro annui. Il tutto nonostante l'articolo 33 della Costituzione dica chiaramente che i "privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato". Dispositivo costituzionale che viene violato praticamente da ormai alcuni decenni sia a livello nazionale che nei territori locali. Ma con questa riforma vi sarebbe un ulteriore passo avanti (o meglio, indietro). Infatti è prevista la possibilità per ogni cittadino di devolvere il proprio 5 x 1000 a una singola scuola privata, la quale quindi potrà incamerare nuove risorse direttamente dai contribuenti.
Inoltre poco o niente di concreto viene proposto per combattere realmente due piaghe come la precarietà dei docenti e l'eccessivo numero di ragazzi per classe, così come non ci sono misure per snellire le interminabili liste di attesa per l'accesso agli asili nido pubblici e alle scuole dell'infanzia.
Pare proprio che questa riforma darà tutte le risposte che non servono al sistema scolastico e sarà anzi solo l'ennesimo tentativo di introdurre l'aziendalizzazione nella gestione dell'istruzione, insomma niente di nuovo rispetto a quanto hanno provato a fare vari Governi negli ultimi decenni.
L'Italia investe secondo l'Ocse solo il 4,7% del PIL nell'istruzione (dato cresciuto di appena lo 0,1% negli ultimi vent'anni), mentre la media degli altri paesi è del 6,3%. Aumentare sensibilmente questa percentuale, investendo sulla qualità dell'insegnamento e sulla giusta valorizzazione dei docenti (che sono fra i più precari e i meno pagati d'Europa), dare più possibilità di incidere a chi nella scuola vive: queste sarebbero le "riforme" necessarie. Anche perché il livello culturale dei giovani di oggi in netto calo rispetto alle precedenti generazioni, unito a qualunquismo e spoliticizzazione dilaganti, richiedono misure straordinarie di investimenti in cultura e istruzione. Ma probabilmente chi ci governa ha poco interesse ad andare in questa direzione. Ecco quindi che ancora una volta servirà una grande mobilitazione dal basso di tutti i soggetti del mondo della formazione (studenti, genitori, insegnanti...), perché in fondo "si scrive scuola ma si legge futuro".

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