mercoledì 18 marzo 2015

Raccomandazioni e clientele, una normalità che spaventa

Sta facendo molto discutere nelle ultime ore, nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria sui grandi appalti, il fatto che il figlio di un Ministro in carica sia stato assunto da uno degli imprenditori poi arrestati per corruzione. Non voglio entrare nel merito di questa vicenda, però prendo spunto da tale notizia per una riflessione più ampia sulle raccomandazioni e sul nepotismo.
Se tutti sanno cosa è una raccomandazione, credo sia necessario precisare il significato di "nepotismo": la tendenza, da parte di detentori di autorità o particolari poteri, a favorire i propri parenti indipendentemente dalle loro reali abilità e competenze. Esso è un retaggio medioevale utile come auto-protezione delle caste e delle corporazioni, nel quale evidentemente il talento e il merito contano poco o nulla per avere un incarico.
Si tratta di due fenomeni sociali strettamente legati fra loro che contribuiscono al sempre maggiore declino economico, sociale e culturale di questo paese. Risulta sempre più evidente, da diverse inchieste, quanto spesso la concessione di posti di lavoro a persone vicine a un potente, possa aiutare ad esempio ad ottenere appalti o favori di varia natura. In questi casi la raccomandazione si intreccia con il clientelismo e diventa ovviamente illegale.
Ci sono altri casi nei quali invece il confine è più sottile, vedi il caso di un’università italiana dove tempo fa si è “scoperto” che madri, padri, figli, zii e nipoti avevano cattedre e collaborazioni nello stesso Ateneo. Situazioni che ovviamente non premiano la qualità della ricerca accademica e che incentivano sempre più giovani, preparati ma non "appoggiati", a cercare fortuna all'estero.
Oppure cosa vogliamo dire dei parenti (o amici) di personaggi politici, legati a un qualsiasi partito di governo, che vengono collocati lavorativamente nel "sottobosco" della politica oppure assunti in pubbliche amministrazioni, magari bypassando graduatorie e concorsi, grazie a "chiamate dirette" (peraltro spesso incostituzionali) o a consulenze spesso inutili?

Ci sarebbe poi da notare, ma si andrebbe fuori tema, che in questo paese sono troppi i casi di figli che fanno gli stessi mestieri dei padri o dei nonni (avvocati, notai, medici, architetti, farmacisti), mentre ovviamente al contrario scarseggiano le opportunità per la maggioranza dei giovani esterni a certi ceppi familiari di entrare in questi mondi; però in questo caso è sulla "mobilità sociale" in generale che bisognerebbe discutere.
Ma tornando alle raccomandazioni dei potenti, viste anche come modalità di coltivare bacini elettorali in modo clientelare, la cosa più grave è che oggi alla gran parte degli italiani tutto questo sembra "normale". All'indignazione verso queste pratiche sta subentrando culturalmente nell'inconscio di molti una sorta di invidia: in pratica sempre più persone stanno interiorizzando una logica secondo la quale, se potessero, approfitterebbero volentieri di qualche conoscenza altolocata. E' questa normalizzazione della raccomandazione e del clientelismo che deve spaventare. Una logica che si può sconfiggere non certo in un giorno per decreto, ma invece con una lenta ricostruzione culturale, a partire dalle scuole, con l'educazione alla legalità e alla giustizia sociale. Solo così questo paese potrebbe davvero iniziare a essere normale e più equo. 

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