venerdì 13 marzo 2015

Lavorare gratis, la nuova frontiera dello sfruttamento

Sta facendo molto discutere la notizia che alla prossima Expo che da maggio prenderà il via a Milano ci saranno migliaia di giovani che lavoreranno gratis.
Lo dico subito, culturalmente prima ancora che sul piano economico, tutto questo è una sconfitta. Una sconfitta per chi, da secoli, lotta per i diritti del lavoro e per un salario equo. Così come è un grave danno per le aspettative dei milioni di giovani precari che popolano questo paese. Se passa il messaggio che qualcuno è pronto a lavorare gratis, è abbastanza semplice ipotizzare che ben presto (e già avviene troppo spesso), questa pratica si potrebbe diffondere sempre di più.
Qualcuno afferma che il lavoro all'Expo sarebbe equiparabile al volontariato. Io non penso che si possa azzardare un paragone simile. Il volontariato è una cosa seria. Non si è mai visto invece un volontariato fatto nella reggia di multinazionali che hanno speso miliardi di euro per una kermesse, dove si parla di "Nutrire il pianeta" ma intanto si crea un eco-mostro di 500 Kmq, imponendo cementificazione e consumo di suolo.
Uscendo dal tema Expo e parlando in generale, non è certo la prima volta che, in modo più subdolo e frammentato, in questo paese si "lavora gratis". Come possiamo chiamare altrimenti i tanti tirocinii e stage, spesso tutt'altro che formativi, che in qualsiasi settore economico vengono proposti a migliaia di giovani ogni giorno? Il tutto con l'illusione poi di un contratto a progetto, il quale forse potrebbe trasformarsi in un contratto a tempo indeterminato che, nel 99% dei casi non arriverà mai. 
Non è questo il luogo per fare riflessioni troppo approfondite su quanto sia degradante il mondo del lavoro italiano degli ultimi anni. Peraltro non solo per colpa di "imprenditori cattivi", ma anche di una politica e di alcuni sindacati conniventi con chi ha voluto dequalificare i diritti del lavoro. Ma almeno mettiamoci d'accordo su una cosa: lavorare gratis è un autogol clamoroso per tutti.
Senza scomodare Marx (che peraltro farebbe difficoltà a calcolare il "plusvalore relativo" partendo da un salario pari a zero), non serve essere particolarmente progressisti per capire il lavoro non retribuito è degradante e non dignitoso per chi lo svolge, è una concorrenza al ribasso per chi potrebbe essere pagato per fare la stessa attività e inoltre ha implicazioni negative sull'economia in generale.
Insomma, oltre che essere la nuova frontiera dello sfruttamento, il lavoro gratuito è una grandissima fregatura collettiva. Se solo ci fosse la capacità di riorganizzare dal basso i soggetti, ormai sempre più dispersi e soli, che attraversano il mondo del lavoro, forse potremmo fare tutti un passo avanti. Non è semplice, ma provarci è sempre più necessario...

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