mercoledì 11 marzo 2015

Riforme istituzionali, poche luci e molte ombre

In questi giorni si parla molto di "riforme istituzionali", dopo che la Camera ha approvato la proposta del Governo. Una riforma costituzionale che per entrare in vigore avrà ancora bisogno di tempo: serve una seconda approvazione da parte dei due rami del parlamento e poi, nel caso in cui essa non avvenga con la maggioranza qualificata dei 2/3 ci sarà un Referendum popolare confermativo, quindi senza quorum, in cui i cittadini avranno l'ultima parola.
A mio modesto parere questa riforma contiene molte ombre e solo qualche luce. Tralascio le implicazioni più strettamente politiche e autoreferenziali fra i gruppi politici ("Patto del Nazzareno" e spaccature interne ai partiti), ma vorrei soffermarmi sulle conseguenze concrete per le istituzioni.
Comincerei a parlare degli elementi a mio avviso positivi. Fra questi credo possa rientrare la modifica relativa ai Referendum, per i quali ci sarebbero due distinti quorum. Se saranno raccolte 500.000 firme la consultazione per essere valida necessiterà della partecipazione al voto del 50% +1 degli aventi diritto (quindi come adesso), mentre se saranno raccolte almeno 800.000 firme il quorum si abbassa sensibilmente alla metà dei votanti alle ultime elezioni politiche per la Camera. Una novità di buon senso, in modo che solo i cittadini che hanno veramente interesse alla cosa pubblica possano incidere nella riuscita di un quesito referendario e i contrari non potranno affidarsi all'effetto "qualunquismo". Al tempo stesso non sarebbe poi così negativo l'innalzamento da 50.000 a 150.000 le firme necessarie per una "proposta di legge di iniziativa popolare", a patto che appunto quando essa è depositata ci siano dei tempi certi e rapidi nella discussione da parte delle Camere di proposte provenienti direttamente dai cittadini.
Passiamo adesso ai lati negativi della riforma, che sono molti. Intanto da un punto di vista della forma: è possibile che una riforma di simile importanza venga approvata da un Parlamento che, secondo la Corte Costituzionale, è stato eletto con una legge incostituzionale come il Porcellum?
Ammesso e non concesso che ciò sia lecito o opportuno, proviamo ad entrare nel merito della riforma. La novità a mio avviso più grave sta nel fatto che il Senato non sarà più eletto direttamente dal popolo attraverso le elezioni, ma diventerebbe un organo di secondo grado, composto da nominati. In particolare tre i 100 nuovi senatori ve ne sarebbero 5 di nomina del Presidente della Repubblica; altri 74 scelti da parte delle Regioni all'interno dei membri dei consigli regionali e altri 21 saranno infine Sindaci, espressione uno di ciascuna Regione. Tutto questo svilisce l'istituzione Senato, mortifica il diritto di voto dei cittadini e soprattutto è scorretto sul piano della rappresentatività sia delle forze politiche sia dei vari territori. Mi spiego meglio: ogni consiglio regionale nominerà da un minimo di 2 a un massimo di 5 senatori, è evidente che essi saranno scelti solo fra i gruppi politici maggiori, determinando una sotto-rappresentanza di partiti che magari hanno un discreto consenso (anche del 10-15%) uniforme in tutte le regioni, ma che potrebbero essere del tutto estromessi dal nuovo Senato. Inoltre particolarmente sbagliata è la decisione di selezionare 21 sindaci: essi saranno sicuramente espressione delle città più grandi (probabilmente capoluoghi regionali), discriminando così i milioni di cittadini che vivono nei comuni medio-piccoli. Nel complesso si tratta di una svolta iper-maggioritaria, soprattutto se vi sarà l'approvazione di una legge elettorale come l'Italicum attualmente in discussione.

Inoltre la stessa visione del Senato come quella di un "secondo lavoro" per membri di altre istituzioni è indicativa di quanta poca importanza di vuol dare a tale organo. Con tutti gli impegni che ha un Sindaco sul proprio territorio, possibile che esso debba anche recarsi più volte al mese a Roma a partecipare alle sedute del Senato? Stesso discorso per i consiglieri regionali (che devono seguire quanto avviene nel proprio territorio oltre che stare in Regione). Come potranno essi incidere davvero nell'agenda politica? Sicuri che non si ritroveranno a dover ratificare scelte già prese da altri?
Inoltre abbastanza paradossalmente questi 100 membri del Senato godranno dell'immunità parlamentare: pur non essendo eletti dal popolo, avranno infatti il privilegio di poter allungare i tempi (o forse evitare del tutto) un eventuale coinvolgimento in procedimenti giudiziari. E' evidente che si tratta di un lusso troppo grande rispetto a tutti i loro "pari", ovvero agli altri consiglieri regionali e ai Sindaci del resto d'Italia che non avranno un simile trattamento. Inoltre è singolare che un Senato eletto con queste modalità avrà pure il diritto poi di modificare la Costituzione, altra questione che simbolicamente deve far riflettere.
Pare che almeno questi 100 senatori non avranno stipendi e indennità, e questo di per se' è anche positivo dal momento riscuotono già migliaia di euro mensili in quanto consiglieri regionali o sindaci, però diciamolo chiaramente: lo stipendio dei senatori è solo una piccola parte del costo di funzionamento della "macchina Senato" e di tutto quanto gli ruota intorno. Non a caso secondo la Ragioneria generale dello Stato il risparmio sarà di solo 49 milioni annui. Penso quindi di poter concludere che se questo deve essere il nuovo Senato, tanto valeva la pena abolirlo del tutto.

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