lunedì 21 marzo 2016

Chi ama il mare, il 17 aprile va a votare

In molti non lo sanno ancora, ma domenica 17 aprile si vota in tutta Italia per il referendum.
Si tratta di una consultazione che punta ad abrogare una legge che proroga potenzialmente "all'infinito" la concessione a trivellare a favore delle grandi compagnie petrolifere, ma che in sostanza parla del modello di sviluppo e del futuro energetico di questo paese.
Entrando nel dettaglio del tema, se vince il Sì le concessioni per la trivellazione (tecnicamente sarebbero le "attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi") entro le 12 miglia marine per le compagnie arriveranno alla scadenza naturale già fissata e poi si concluderanno. Viceversa se non sarà raggiunto il quorum (o se prevalessero i No) alle compagnie petrolifere verranno prorogate le concessioni già in vigore. Insomma è un regalo davvero inatteso per lobby e multinazionali del settore, che in molti casi avevano stipulato dei contratti ventennali e si sono ritrovate invece, dopo lo Sblocca Italia, ad avere diritto ad uno sfruttamento sino all'esaurimento del giacimento.
E' importante sottolineare che anche in caso di vittoria dei Sì le conseguenze non sarebbero immediate, poiché quello che viene abrogato è semplicemente l'allungamento dei tempi di estrazione. Invece non si andrebbero a cancellare i contratti già in vigore, che arriverebbero quindi alla propria scadenza già fissata al momento della firma del contratto. E' importante precisarlo, anche per "tranquillizzare" chi sta agitando lo spettro della disoccupazione dei lavoratori del settore. Per arrivare alla chiusura materiale di un impianto servirebbero infatti in media fra i 5 e 10 anni. Una tempistica del tutto compatibile con la possibilità di riconvertire le economie locali e nazionali. E che anzi incentiverebbe a investire in un modello energetico rinnovabile e ad alto tasso di occupazione di manodopera; da questo punto di vita è sintomatico notare come negli USA nel 2015 si sono creati oltre 200 mila nuovi posti di lavoro nel fotovoltaico, ovvero il 77% in più rispetto a quelli del settore carbone fossile.