mercoledì 22 aprile 2015

Italicum, una legge elettorale autoritaria

In questi ultimi giorni si parla molto della riforma elettorale in discussione in Parlamento. In questo articolo vorrei spiegare che cosa cambia sul piano normativo nella modalità di elezione dei deputati con il cosiddetto Italicum, ma prima voglio soffermarmi sul metodo con cui questa legge sta per essere approvata. La riforma elettorale per antonomasia disegna le "regole del gioco" e su queste servirebbe il massimo accordo e consenso della maggior parte delle forze politiche. In questo caso invece tutte le opposizioni sono contrarie (cosa successa, a dire il vero, anche al momento dell'approvazione del Porcellum nel 2005). Ma in questo caso sta succedendo qualcosa di ancora più singolare: infatti anche una fetta importante dello stesso partito di Governo esprime grosse criticità e potrebbe non votare a favore. Cosa risponde la maggioranza? Rimuove i 10 membri della commissione Affari Costituzionali espressione della minoranza, che potrebbero ostacolare la riforma, per sostituirli con altri deputati più docili e obbedienti. Insomma c'è la repressione del dissenso, che denota un'atteggiamento autoritario da parte di chi a parole si autoproclama "democratico". Un fatto del genere è il paradigma di come questo Governo intende la democrazia, sia interna, che evidentemente più in generale. L'ultimo atto in tal senso potrebbe essere l'apposizione della "questione di fiducia" da parte del Governo sulla legge: un fatto che sarebbe clamoroso sul piano istituzionale dal momento che, da un punto di vista formale non spetta al Governo varare le leggi elettorali ma appunto al Parlamento. Tutto ciò in parte è un significativo antipasto di come certi partiti agiranno se e quando questa legge elettorale sarà in vigore. Con questo entriamo nel merito della riforma. E' previsto che nei 100 collegi i partiti eleggeranno automaticamente il loro capolista, il cui nome è "bloccato" e deciso quindi dal partito (solo a partire dal secondo eletto funzioneranno le preferenze, due, una per ciascun genere); a questo si aggiunga che ci sono le candidature plurime: i capilista potranno candidarsi fino in dieci collegi. Insomma per gli elettori sarà pressoché impossibile scegliere davvero un candidato che non sia voluto dai partiti. Altra novità, sarà la fine del sistema basato sulle coalizioni a cui siamo abituati negli ultimi anni, infatti sarà la lista che arriva prima a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi (al primo o al secondo turno) e a governare da sola. Se al primo turno la lista più votata supera il 40%, ottiene subito 340 seggi, ovvero la maggioranza assoluta. Se come prevedibile però nessuna lista dovesse raggiungere tale quota, si andrà al ballottaggio tra i due partiti più votati e chi vince conquista il ugualmente 340 seggi. Questa modalità sarebbe un unicum in tutto il mondo: non esiste infatti nessun altro sistema elettorale che preveda il doppio turno basato sulle liste per determinare una maggioranza parlamentare. Si profila quindi un sistema iper-maggioritario che consegnerà un potere eccessivo a una "maggioranza" che avrà in realtà dalla sua parte meno della metà degli elettori. Il Premier che uscirà da questo sistema sarà il padrone assoluto del parlamento, avendo un solo partito (il suo) a fargli da maggioranza parlamentare.

Ci sarà a mio avviso un solo elemento positivo, il fatto che la soglia di sbarramento sarà al 3% uguale per tutti i partiti (nella prima versione era del 12% per le coalizioni, dell'8% per i partiti non coalizzati, del 4% per i partiti coalizzati), mentre stavolta sarà almeno possibile un "diritto di tribuna" anche per le formazioni minori, che magari portano avanti idee e valori radicalmente diversi rispetto alle grandi coalizioni, situazione di per se' buona per il pluralismo. Ma si tratta di un dettaglio in un sistema nel quale, appunto, la maggioranza sarà padrona delle istituzioni, specie in un contesto nel quale probabilmente (se verrà approvata anche la Riforma Costituzionale attualmente in discussione) il Senato non sarà più eletto direttamente dai cittadini e quindi di fatto non vi sarà nessun contrappeso.
Complessivamente si profila una legge elettorale che per rincorrere la governabilità, che comunque in Italia i poteri forti hanno sempre saputo garantire (basti notare che siamo attualmente al terzo governo consecutivo senza una diretta legittimazione popolare), ci porta verso un sistema che trasforma una minoranza politica e sociale in una maggioranza istituzionale. E allontana sempre più i cittadini dai luoghi in cui vengono prese le decisioni.

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