venerdì 10 aprile 2015

Acqua pubblica ancora sotto attacco, serve una nuova mobilitazione

Sul tema dell'acqua pubblica è stato detto e scritto molto negli ultimi anni.
Nel 2011 si è svolto un referendum popolare, il primo che abbia raggiunto il quorum negli ultimi venti anni, a cui hanno partecipato 27 milioni di cittadini, esso aveva due obiettivi. Da un lato quello di abrogare la Legge Ronchi che imponeva la totale privatizzazione del servizio idrico a partire dall'anno successivo. Dall'altro lato quello di abrogare la "remunerazione del capitale investito", vale a dire il profitto garantito a favore delle aziende idriche, tratto direttamente dalle bollette degli utenti. Nel corso di questi questi quattro anni passati dal Referendum, in particolare sul secondo quesito vi è stato un sostanziale tradimento della volontà popolare, dal momento che i soggetti preposti ad abrogare materialmente la remunerazione del capitale investito, ovvero i Sindaci riuniti negli ATO, hanno deciso pressoché in tutta Italia di non procedere in tal senso. Con la conseguenza che le bollette pagate in questi anni sono state più elevate rispetto a quanto sarebbe stato previsto dall'esito referendario. Contro a questa decisione fra il 2012 e il 2013 numerosi cittadini hanno attuato una "Campagna di Obbedienza Civile", ovvero autoriducendo le proprie bollette delle percentuali illegittime. Purtroppo anche in tale circostanza le aziende idriche hanno trattato questi cittadini come “morosi” qualsiasi e in alcuni casi sono arrivate perfino a distaccare le utenze, nel silenzio complice delle istituzioni.
Non sazi di tutto questo però i "padroni dell'acqua" stanno portando avanti dei nuovi attacchi alla gestione pubblica di questo servizio essenziale.
In Toscana ad esempio è in cantiere un progetto per la fusione di alcune delle aziende esistenti al fine di creare una grande NewCo maggiormente appetibile sul mercato, che allontanerebbe ulteriormente il controllo pubblico e partecipato della gestione idrica. Inoltre pare essere imminente la creazione a livello nazionale di poche grandi società multiutility, quotate in borsa, che si spartiranno la gestione di tutti i servizi pubblici locali, aprendo le porte a nuove ondate di privatizzazioni. Si tratta di progetti che è ancora possibile fermare, ma ancora una volta, come nel biennio 2010-2011, sarà necessaria una grande mobilitazione dal basso di tutti i soggetti che vogliono opporsi alla svendita dell'acqua, dei beni comuni e più in generale dei servizi pubblici. Da qui passa infatti un disegno politico ed economico più complessivo di mettere sul mercato i principali settori dell'economia nazionale, trasformando dei diritti fondamentali in merce da acquistare. Opporsi a tutto questo è il minimo...

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