lunedì 23 febbraio 2015

"Da qui se ne vanno tutti", quale futuro per un paese con i giovani in fuga?

Rifletto spesso sul fatto che da questo paese "se ne vanno tutti". Per le generazioni nate negli ultimi decenni infatti l'Italia sembra non avere più nulla da offrire. Sempre più giovani un bel giorno fanno la valigia e vanno a vivere all'estero: per studio, per lavoro ma a volte addirittura "al buio" dicendo "vediamo laggiù che cosa troviamo". E spesso non si spostano solo verso paesi sulla carta più "sviluppati" come Inghilterra, Germania, Belgio o Lussemburgo, ma anche in luoghi dai quali fino a pochi anni fa si scappava: dall'Ungheria alla Slovacchia, dalla Turchia fino a Hong Kong. Per avere i numeri basti pensare che nel 2013 furono in tutto ben 94.000 gli italiani a fare le valigie (oltre 250 al giorno). Si tratta di una vera e propria "emorragia" di giovani che, anche comprensibilmente, cercano un futuro altrove
A guardare ancora meglio il fenomeno in questione, l'emigrazione italiana contemporanea, anziché una questione generazionale è però più specificatamente una questione "di classe". La mobilità sociale nel nostro paese è infatti ferma da decenni. E la maggior parte dei nuovi "emigranti" proviene proprio dai ceti medio-bassi. Chi parte, in tanti casi lo fa dopo tanto precariato e magari dopo aver conseguito dei titoli di studio medio-alti (laurea, master etc), a cui però difficilmente corrispondono certezze lavorative se non si è ben "appoggiati". Ma lo fanno anche i molti che non hanno titoli di studio particolarmente elevati e che all'estero si ritrovano a svolgere, con tanta dignità, anche mestieri meno specializzati come camerieri, lavapiatti o commesse. Il tratto comune è che per molti la "fuga" dall'Italia rimane l'unica speranza e in tanti casi produce poi, nel medio-lungo periodo, anche diverse soddisfazioni individuali.
Quello che però continua a mancare è la capacità di questo paese di dare delle vere opportunità e delle uguali condizioni di partenza ai suoi giovani, con conseguenze negative sia sul piano economico complessivo (sia riguardo alla mancata "crescita", sia all'iniqua ripartizione delle risorse), così come da un punto di vista sociale e culturale.
La politica ha delle grosse colpe, i continui tagli ai fondi destinati alla formazione e alla ricerca hanno reso questo paese meno competitivo, più ingiusto e quindi incapace di dare prospettive. Le varie riforme del lavoro degli ultimi anni non hanno portato alcun beneficio, aumentando anzi la precarietà e la povertà. Un Governo che volesse avere davvero lungimiranza ed essere utile socialmente, invece di togliere diritti ai pochi che ancora ne hanno, dovrebbe darsi come priorità assoluta quella di risolvere questo problema "emigrazione". Che a mio modesto parere è ben più grave rispetto al "problema immigrazione", il quale a ben vedere è solo l'altro lato della stessa medaglia: ovvero persone che cercano un altro futuro possibile fuori dal paese natale...

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