lunedì 9 novembre 2015

Salute sul lavoro e "idoneità", in arrivo un attacco ai diritti di chi lavora?

In epoca di crisi economica, di sempre maggiore precarizzazione del lavoro e di tagli alla sanità, si parla sempre meno di salute sui luoghi di lavoro. Ma anche su questo fronte sono all'orizzonte possibili novità normative che, se apparentemente sembrano poter avvantaggiare i lavoratori, in realtà rischiano di trasformarsi in armi a doppio taglio per chi lavora.
Sul tavolo del Governo c'è infatti una richiesta di estendere ai medici del lavoro anche la competenza sulle malattie di origine extra-lavorativa, che potrebbero quindi determinare la mancata "idoneità" per svolgere certe professioni, con conseguenze negative sul mantenimento del posto di lavoro. 
Entrando nel dettaglio si sta profilando la possibilità che vengano ampliati i casi di "non idoneità lavorativa" a carico dei lavoratori, situazione che si verificherebbe se andasse in porto l'"Introduzione dell'obbligo di sorveglianza sanitaria non solo nei casi attualmente previsti, ma in tutti i casi in cui dalla valutazione dei rischi emerga un rischio per la salute" nell'ambito di una possibile modifica della legge 81 del 2008, come richiesto dai rappresentanti dei medici del lavoro nei confronti del Ministero del Lavoro in occasione di alcuni incontri relativi alla predisposizione dei decreti delegati sul cosiddetto "Jobs Act".
In sostanza aumenterebbe a dismisura la gamma delle malattie e patologie che potrebbero passare sotto la competenza dei medici del lavoro, i quali pertanto sarebbero obbligati nelle relative visite a controllare non soltanto se un lavoratore dipendente soffre di una malattia che compromette il regolare svolgimento della propria mansione lavorativa, ma anche se questi soffre di altre patologie che non hanno in realtà granché a vedere con il lavoro che egli svolge. Attualmente il medico del lavoro già svolge questa funzione nei confronti di un dipendente che magari non ha il tempo di recarsi dal suo medico di fiducia, ma quando questi manifesta una certa malattia, il caso passa sotto la competenza del medico di base che prende in cura la patologia di origine non lavorativa. Se venisse modificata la norma, invece verrebbero effettuate delle ricerche attive e mirate alla ricerca di patologie non causate dal lavoro solo potenzialmente incidenti sulla capacità lavorativa.
Si tratta di una questione che a primo avviso può sembrare tecnica e solo marginale, anzi può perfino apparire come una modifica positiva per i lavoratori che "sulla carta" sarebbero sottoposti a un maggior numero di controlli sanitari sul lavoro. Ma si sa, siamo in Italia, e qualsiasi norma si presta spesso a interpretazioni che finiscono poi materialmente per danneggiare chi in teoria volevano tutelare. Con una modifica del genere il medico del lavoro viene caricato di ulteriori compiti e rischia quasi di diventare un "doppione" del medico di base (che comunque rimane di fiducia e scelto dal cittadino, a differenza del medico del lavoro è scelto dall'azienda). Potenzialmente tutto questo può avere effetti concreti negativi sulle condizioni di lavoro e di vita di centinaia di migliaia di lavoratori subordinati. Portato il tutto alle estreme conseguenze, infatti, una persona che svolge una certa mansione potrebbe addirittura rischiare materialmente di essere allontanata dal proprio posto di lavoro magari perché soffre di una malattia che nulla ha a che fare la propria professione, o comunque potrebbe essere "costretta" a curarsi se vuol essere certa di mantenere la propria mansione.
Ad esempio, prendiamo il caso di un autista di cui viene scoperta l'ipertensione casualmente durante la visita annuale del medico del lavoro; attualmente in un caso del genere il medico del lavoro valuta la mansione e può anche esprimere una “temporanea” non idoneità a mansioni che sollecitano l’apparato cardiovascolare, ma lo passa comunque "in consegna" al suo medico curante e non deve invece prescrivere accertamenti e cure, perché invaderebbe l'autonoma gestione della salute del soggetto. Nell’ipotesi prospettata invece potrebbe diventare compito del medico del lavoro fare ricerche attive mirate sulle patologie extra lavorative. Quindi invece di abbassare il rischio, diminuendo magari la mole e l'orario di lavoro o di aumentare il personale addetto a tale mansione per “suddividere” il carico di lavoro, si "impone" al lavoratore un protocollo sanitario mirato a scoprire tali patologie, a iniziare un percorso di “cura” e “riabilitazione” (abbastanza costoso e invasivo) con la velata minaccia della “non idoneità”che potrebbe mettere addirittura in discussione il suo posto di lavoro.
Naturalmente si tratta di capire se le richieste dei rappresentanti dei medici del lavoro verranno accolte dal Governo e anche in tal caso si dovrà vedere come saranno materialmente scritti i decreti delegati in materia. Ma indubbiamente prestare attenzione fin da subito a questo argomento è necessario per tutelare il lavoro ed evitare ulteriori ansie e sottrazioni di diritti a centinaia di migliaia di lavoratori.

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