venerdì 19 giugno 2015

La radicalità necessaria per ricostruire una politica alternativa

In questo periodo di crisi, in cui le contraddizioni economiche dispiegano tutte le proprie conseguenze sulle popolazioni europee e non solo, in molti paesi è aumentata decisamente la radicalità politica ed elettorale. Gruppi e movimenti che si mettono in netta contrapposizione al "sistema" aumentano consensi ovunque. In diversi casi, purtroppo, sono le forze politiche di estrema destra a crescere in termini di consensi (Front National francese, Lega Nord in Italia, UKIP di Farage di Gran Bretagna, Jobbik in Ungheria), in altri invece sono le forze della sinistra alternativa a dare voce alla forte voglia di cambiamento contro le politiche di austerità (Syriza in Grecia, Podemos in Spagna e Sinn Fein in Irlanda sono addirittura maggioritari).
Anche in Italia ormai i partiti "anti-sistema" rappresentano una fetta consistente del pur volubile, e scarsamente consapevole, elettorato italiano. Sommando i voti (di per se' diversissimi) di Lega Nord e Movimento 5 Stelle, si nota che quasi il 40% dell'elettorato si affida a tali formazioni, con punte ancor più elevate tra i ceti popolari. Quelle stesse classi popolari che per decenni hanno guardato a sinistra, oggi cercano sponda in movimenti populisti. Ormai d'altronde in Italia il principale partito (almeno formalmente) di centrosinistra è da tempo il più grande sostenitore del rispetto ossequioso dei parametri di Maastricht, dei patti di stabilità, delle privatizzazioni dei beni comuni, dei soldi alle scuole private e della riduzione dei diritti del lavoro. Il consenso del PD, ancora piuttosto elevato, è dato dalla sommatoria di una fetta di elettorato "anziano" ancora convinto che si tratti di un partito di sinistra, con invece l'elettorato storicamente rappresentato prima dalla DC e poi da Berlusconi, ovvero i cosiddetti "moderati" dietro ai quali si celano spesso i "poteri forti"; essi finalmente hanno un Governo che fa le riforme liberiste senza troppo conflitto sociale, cosa che invece non era riuscita nell'epoca berlusconiana. In un quadro del genere chi pensasse di migliorare o spostare a sinistra questo PD sarebbe condannato al suicidio. Ed è quello che purtroppo la sinistra politica in questo paese ha fatto nell'ultimo decennio. Una sinistra minoritaria (con percentuali sempre nettamente al di sotto della doppia cifra) e spesso subalterna che si è illusa di poter condizionare le politiche dei democratici, per di più in un quadro di assenza di conflitto sociale. Quando partiti del 4 o 5% si alleano con soggetti del 35 o 40% come possono pensare di influire realmente nelle politiche concrete? Spesso, soprattutto nei territori locali, la necessità di conservare incarichi e quindi di sopravvivere ha prevalso sulla reale possibilità di incidere. Tutte scelte che però sono state frequentemente punite in termini elettorali. In questo quadro, oltre a una forte crescita dell'astensionismo, si è creato pure lo spazio politico per la nascita e diffusione del Movimento 5 Stelle, che anche dall'inefficacia della sinistra di governo ha tratto parte della sua forza (non è un caso se il primo V-day è avvenuto nel 2007, nel bel mezzo del Governo Prodi appoggiato dall'intera sinistra), riuscendo a incanalare la rabbia e la protesta di chi l'ha visto come l'unico strumento per opporsi al "sistema".
In altre parti d'Europa invece le forze di sinistra sono state realmente alternative, ripartendo dalla costruzione dei movimenti, mettendo in piedi reti di resistenza e di solidarietà sociale. Hanno insomma puntato sulla radicalità della critica al sistema e provato a praticare nuove forme di politica dal basso. Ottenendo nel giro di alcuni anni risultati pure in termini elettorali. Da qui ad esempio il successo di Syriza in Grecia e di Podemos in Spagna. Due soggetti che peraltro hanno dimostrato di non disdegnare a priori "alleanze" politiche con altri gruppi, ma solo dopo aver verificato di avere i rapporti di forza dalla propria parte. Sì, perchè la radicalità non significa assolutamente settarismo. Un soggetto che rifiuta a prescindere alleanze è destinato all'inutilità, ma sapendo che esse si fanno sui contenuti e soprattutto su dei rapporti di forza degni di tale nome, i quali non si costruiscono certo a freddo con accordi di ceto politico, ma solo con un lento radicamento sociale nel vivo della società. 
In quadro di questo tipo, in Italia, un nuovo soggetto alternativo di dimensioni adeguate potrà rinascere solo se farà la scelta della radicalità, se saprà mostrarsi davvero alternativo a questo sistema economico e sociale, ma anche se sarà percepito come utile da parte dei soggetti che vorrebbe rappresentare e se saprà parlare un linguaggio comprensibile all'altezza dei tempi. Insomma, la semplice unione fra i vari mini-soggetti politici esistenti è necessaria ma di per sé non sufficiente, servirà piuttosto un serio e non breve investimento nel sociale e di ricostruzione dal basso, fianco a fianco con chi paga il conto più salato della crisi. Solo così sarà possibile rappresentare davvero i bisogni e le aspirazioni della maggioranza delle persone.

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